di Furetto
Capita spesso e volentieri, a noi coinvolti da disturbo mentale, di essere additati e colpevolizzati o semplicemente allontanati dalle persone, talvolta anche amici o familiari.
In genere anche il sistema mediatico quando parla di un colpevole di reato tende a sottolineare aspetti fondamentali della sua vita: l’età, il sesso, la carriera e non per ultimo un eventuale disagio psicopatologico.
Questo, a prescindere dalla gravità del reato è un fattore che tende a screditare e fare terra bruciata intorno a lui.
Nello specifico può capitare che telefonando ad un vecchio conoscente la prima domanda impaurita che ti faccia sia:” Oh ma come stai? Sei sicuro di stare bene?”.
Una volta che sei entrato nell’ignoranza comune sui disagi psichici altrui diventi un giudice a tutti gli effetti e ti concedi la grazia di sentenziare gratuitamente il malcapitato di turno.
E a noi quale frase o abilità preconfezionata è possibile rivolgersi per potersi difendere in maniera dignitosa?
Non ci dovrebbe essere una legge sulla privacy che tuteli i portatori di handicap sia fisici che mentali, senza che i loro dati sensibili vengano sbandierati ai quattro venti e che un disagio di questo tipo non diventi come una marchiatura a fuoco?