Che cosa dire di un giovane ventenne si ritrova in ospedale psichiatrico per un TSO[1], dopo aver fatto scempio in casa sua e avere causato la morte del padre per lo spavento.
Si tratta dell’autore, Daniele Mencarelli e se un filo conduttore c’è in questa storia per niente nobile, ma piena di umanità estrema, è la bontà dei soggetti narrati.
Le persone ricoverate in ospedale con Daniele e tutti coloro che vi lavorano hanno caratteristiche di umanità profonda, bontà d’animo, vitalità, a volte malata, a volte non pienamente espressa a causa dei disturbi psichiatrici, ma sempre vere. Il giovane Daniele ha in comune con me, almeno quando ero giovane, l’impulsività e la sete di giustizia e amore, che porterebbero alla salvezza dell’umanità narrata. La forza non nasce che dalla posizione di sentirsi con uno spirito giovane e non corrotto, sentimento condiviso anche dagli altri pazienti, che essendo malati psichicamente restano “puri”. Alla fine, dopo 7 giorni di vicissitudini, Daniele esce dall’ospedale psichiatrico e torna a casa, dove lo aspettano i genitori e i famigliari. Le emozioni sono molte, ma si stemperano nell’addio che viene condiviso fra tutti (i compagni di ricovero, ndr). Ancora oggi ricordo le forti emozioni all’inizio della mia vita, ora sostituite da una forma più riflessiva e stanca.
[1] Con il termine Trattamento Sanitario Obbligatorio (TSO) si intendono una serie di interventi sanitari che possono essere applicati in caso di motivata necessità ed urgenza, anche qualora sussista il rifiuto al trattamento da parte del soggetto che deve ricevere assistenza.